UNA PATOLOGIA VERTEBRALE COMPLESSA: IL PROLASSO DISCALE
Tra le patologie spinali, quella discale risulta una delle più diffuse a livello mondiale. Negli ultimi decenni, in particolare, si è assistito nel nostro paese ad un'altissima incidenza ed alla conseguente proliferazione di "prolassi discali". Tale termine identifica l'ultimo stadio dell'evoluzione della patologia che si verifica quando il danno discale viene trascurato e perdura da troppo tempo.

Immagine di un prolasso discale tramite RMN.
La freccia indica l’accumulo posteriore di materiale discale che deborda dalle limitanti vertebrali, scollando il legamento longitudinale posteriore.

1. Non riducibile: concetto che fa riferimento all'rriducibilità di un disco intervertebrale, ovvero all'impossibilità di riposizionare il materiale nucleare all’interno dell’anulus per la mancanza del meccanismo idrostatico.

Il nostro paese pare aver creato le condizioni ideali per la diffusione di questo tipo di patologia, che, a differenza della meglio conosciuta protrusione è un danno "non riducibile" [1] per il quale le risorse e le tecniche fisioterapiche di trattamento attualmente conosciute risultano meno efficaci.
A differenza di molti paesi, infatti, in Italia la patologia discale non viene prontamente individuata all'esordio e spesso anche nelle manifestazioni successive (per questo viene trascurata e peggiora sino a diventare prolasso). Inoltre le strutture pubbliche di accoglienza prevedono liste di attesa troppo lunghe, oltre al fatto che, nel momento in cui il paziente ricorre a prestazioni fisioterapiche private, non sono previste assicurazioni che coprano le spese mediche sostenute.
Tutto ciò porta inevitabilmente il paziente al prolungamento dei tempi di inizio del trattamento, alla procrastinazione del dolore, al peggioramento della patologia discale ed al conseguente sviluppo di un quadro clinico sempre più complesso: il prolasso appunto.
Dagli anni Settanta ad oggi il disco intervertebrale, quale principale causa di dolore spinale, è stato studiato ed esaminato in dettaglio sia dal punto di vista neurofisiologico sia da quello biomeccanico, così da rendere le sue patologie identificabili al clinico esperto durante le normali procedure di valutazione.
Come ogni altro tessuto del corpo dotato di una innervazione propria, il disco è in grado di generare dolore quando coinvolto in una patologia infiammatoria o meccanica.
Svilupperà dolore locale o dolore riferito somatico se coinvolto singolarmente; produrrà, invece, dolore riferito somatico extrasegmentario, se la sua deformazione coinvolgerà la dura centrale.
Produrrà, infine, dolore riferito radicolare in caso la deformazione sia tale da rendere la radice nervosa irritabile.


A differenza della protrusione in cui assistiamo ad una dislocazione del materiale nucleare all'interno del disco intervertebrale il cui meccanismo idrostatico resta integro (danno discale riducibile [2] trattato efficacemente con la metodica McKenzie),

Rappresentazione di una protrusione discale centrale

2. Danno discale riducibile: danno che può essere ridotto attraverso lo spostamento del materiale nucleare all’interno dell’anulus finalizzato a ripristinare le condizioni anatomiche originarie del disco.

il prolasso discale è un danno non riducibile in cui non si verifica centralizzazione (ovvero risposta sintomatica dell'avvenuto spostamento del materiale discale in posizione anatomica corretta) e non c'è preferenza direzionale.
Un disco intervertebrale prolassa nel momento in cui, deformandosi, perde la sua integrità anatomica e non è più possibile giungere ad una riduzione del danno.
Si rende pertanto necessario capire quali mutamenti anatomici avvengano all'interno del disco tali da renderlo non riducibile.
Dal punto di vista strettamente anatomico è possibile definire il prolasso discale lo sfiancamento della parete posteriore o posterolaterale dell'anulus su spinta del materiale nucleare o per degenerazione intrinseca. Il prolasso rivela sempre una deformazione della parete anulare.
Detto più semplicemente, si tratta dello stadio terminale di una patologia discale (nella maggior parte dei casi a seguito di una protrusione) trascurata o non prontamente individuata; di un danno primario da predisposizione anatomica; di una degenerazione anatomica strutturale.
Esistono diverse caratteristiche cliniche che consentono al fisioterapista di individuare un prolasso discale. Innanzitutto alcuni movimenti o posizioni irradiano i sintomi all'arto inferiore e si verifica sempre un conflitto disco-durale o radicolare. I test di tensione radicolare o durale FIS (flessione eretta), SLUMP (stiramento di radice da seduto), SRL (stiramento di radice da supino) sono positivi. Durante l'esame soggettivo i sintomi lamentati dal paziente variano molto in relazione ai movimenti eseguiti ed alle posture adottate. Questa variabilità si presenta in relazione a diversi fattori, quali l'entità della deformazione anulare, la zona in cui l'anulus sfianca (più mediale o laterale), i rapporti di vicinanza con i tessuti vicini algogeni e le dimensioni dei canali radicolari e spinali.
E' inoltre necessario distinguere due tipi di prolasso: il prolasso nucleare e quello anulare.
Con il primo termine ci riferiamo allo spostamento del materiale all'interno del disco che deforma la parete dell'anulus. La spinta in direzione posteriore è tale da provocare lo sfiancamento dell'anulus facendo perdere alle sue fibre la capacità contenitiva. L'anulus perde il meccanismo idrostatico, viene meno la pressione del disco e conseguentemente il materiale nucleare non è più riposizionabile. Siamo di fronte ad un prolasso del disco intervertebrale la cui sintomatologia è caratterizzata dalla pressione dell'anulus sulla dura centrale o radicolare. Talvolta permane la sintomatologia lombare ad opera delle terminazioni dell'anulus a causa della perdita della pressione interna generata dallo sfiancamento delle fibre anulari. Il prolasso nucleare è generalmente un danno secondario ad una protrusione discale e pertanto diventa un danno non riducibile.

Rappresentazione di un prolasso nucleare.
La spinta posteriore del materiale nucleare supera la resistenza delle fibre contenitive dell’anulus sfiancandole.


Con il termine "prolasso anulare" si fa invece riferimento alla deformazione primaria dell'anulus a seguito della degenerazione interna delle sue fibre. Il materiale nucleare resta nella corretta posizione anatomica e non è responsabile della deformazione discale.
Il meccanismo idrostatico rimane integro ma impedisce il recupero della deformazione poiché il nucleo non è coinvolto nello spostamento del materiale discale. In questo caso, lo sfiancamento dell'anulus è causato dal cedimento strutturale delle sue fibre, che non sono in grado di tollerare le sollecitazioni di carico. La sintomatologia lamentata dal paziente è di tipo durale-radicolare per il contatto tra l'anulus sfiancato con la dura centrale e/o radicolare.
Il prolasso anulare si presenta prevalentemente nella terza decade di vita come conseguenza di cambiamenti degenerativi dei tessuti.

Rappresentazione di un prolasso anulare.
Le fibre posteriori dell’anulus degenerano sfiancando posteriormente.

3. Rimodellamento: intervento fisioterapico che modifica l’orientamento delle lamelle anulari finalizzato al recupero dell’integrità anatomica del disco interevertebrale.


In entrambi i casi il prolasso è una patologia discale non riducibile e per poter ripristinare le originarie condizioni del disco intervertebrale è necessario rimodellarlo [3], utilizzando strategie di movimento appropriate...

Da "Il prolasso discale" di Bruno Faulisi - Editoriale Sometti, Mantova 2010
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